I funerali di Giaccone, maestro di cucina e straordinario uomo di Langa. Il suo mitico ristorante ad Albaretto Torre rinomato in tutto il mondo

Saranno in tanti, oggi alle 15, gli amici, i colleghi, gli appassionati della Langa e della buona tavola che si stringeranno attorno alla famiglia per dare l’ultimo saluto nella chiesa parrocchiale a Cesare Giacone, il cuoco artista che ha trasformato il paesino di Albaretto della Torre in un ambita meta gourmet. Cesare aveva 77 anni e per oltre mezzo secolo si è dedicato alla cucina con estro e passione, talento e irrequietezza. Negli anni d’oro, il suo locale fu adottato dai più grandi produttori di Barolo e Barbaresco, mentre gli articoli comparsi negli Stati Uniti su Vogue, sul Los Angele Times e addirittura su Playboy fecero diventare il suo ristorante Dei Cacciatori un luogo frequentato anche dal jet set internazionale.

Lui, sotto que baffi onnipresenti, un po’ se la rideva, ma non mancava mai di stupire esaltando nel piatto gli ingredienti semplici ed eccellenti offerti da queste colline. «Cesare – dice il sindaco di Albaretto, Luca Borgna – è stato uno straordinario uomo di Langa, un maestro di cucina e un ambasciatore unico del nostro paese. Con me, atipico laghetto d’adozione nato in Brasile, è stato generoso: mi diceva sempre che la mia fascia da sindaco era la prova del fatto che i suoi compaesani, in fondo, non sono affatto chiusi e sanno riconoscere l’essenza delle persone».

Lo hanno fatto anche con Cesare stesso, inserendolo l’anno scorso nella Hall of Fame del Premio Ancalau, a Bosia «Durò molto e molti minuti, dentro e fuori il Saldo, quell’applauso ammirato, riconoscente, amorevole tributato al Grande Cuoco dalla sua gente – ricorda il sindaco di Bosia, Ettore Secco, e l’ideatore del Premio. Silvio Saffirio -. Così Cesare Giaccone ricevette il premio raro di essere riconosciuto dai suoi laghetti, “propheta in patria” come a pochi eletti accadde».

Il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, confessa: «Sono cresciuto nel mito di Cesare di Albaretto, quasi una figura mitologica, non un cuoco tradizionale, ma un genio, un artista, un uomo che trasformava il tuo pranzo in una esperienza unica e per certi versi misteriosa ed appassionante. A lui dobbiamo molto, come piemontesi e come italiani. A lui che è stato il primo in Piemonte e uno dei primi in Italia a credere nell’eccellenza della nostra ristorazione tradizionale, nel rispetto dei prodotti agricoli, della natura, delle stagioni. Da Cesare mangiavi quello che diceva lui, perché solo lui sapeva dirti ciò che era il meglio in quel determinato giorno».

Con la Sorì Edizioni, nel 2005 Luciano Bertello dedicò un primo volume a «Cesare e le Alte Langhe», con testi di Luigi Suglian o e fotografie di Bruno Murialdo. Poi nel 2018, «Cesare. Il genio della cucina di Langa», con firme autorevoli come quelle di Angelo Gaja, Gigi Garanzini, Gianni Mura e Ugo Nespolo.

»Grazie a un compagno di scuola che lo aiutava in sala, ho avuto il privilegio di frequentarlo fin dagli inizi – ricorda Bertello-. Da tifoso milanista mi facevo raccontare di Rivera, che ho poi conosciuto in occasione della presentazione del primo libro che gli avevo dedicato. L’avevo definito il Robin Hood delle Alte Langhe: ribelle, astuto, geniale e, con chi lo meritava, generoso. È stato uno dei grandi artefici delle odierne fortune della Langa e quanto si farà in suo ricordo non sarà mai abbastanza». E aggiunge: »Mi piace ricordarlo in due momenti. Da un lato l’entusiasmo con cui aveva curato e accompagnato la memorabile cena di accoglienza a Aubert de Villaine, ospite nel 2016 del castello di Grinzane Cavour. La sua bravura fu tale da ricevere dal patron di RomanéeConti l’elogio scritto di “un momento incroyable”. “Nessuno di noi – si legge nella lettera – ricorda di aver mai mangiato un pasto di questo livello in un ristorante in Italia”.

Dall’altro, la Tuma di metà mattina che, già provato e affaticato dai problemi di respirazione, aveva insistito perch