Il 18 giugno a Bosia il premio al Maestro di Albaretto, papà di Filippo: celebrata con lui la cucina di Langa
Il talento di Cesare Giaccone nella Hall of Fame del Premio Ancalau. Così il cuoco-artista di Langa entra nella galleria che già ospita Giorgetto Giugiaro, Ernesto Ferrero e Mauro Corona. Il Premio Ancalau, in programma a Bosia, domenica 18 giugno, ha scelto quest’anno il tema della cucina tradizionale di Langa come focus dell’attenzione dell’evento 2023, consacrando l’atto di inizio della lunga giornata all’attribuzione al grande Maestro della Hall of Fame del Premio che gli sarà consegnata da Maria Teresa Mascarello, signora del vino, amica e ammiratrice di Cesare Giaccone. Lo chef, a sua volta, adora le sue bottiglie, tanto da dire che, al suo funerale «l’estremo abito sarà di legno, pino selvatico, al profumo di tartufo. Mi accompagneranno tre bottiglie di barolo Mascarello».
A raccontare il personaggio contribuirà la “laudatio” da parte del giornalista Luigi Sugliano, amico e cantore dell’estro di Cesare e autore con Luciano Bertello e altri testimoni autorevoli di due opere editoriali (Sorì edizioni) con le memorabili foto di Bruno Murialdo che restituiscono attraverso le immagini e le narrazioni il profumo e il sentire di una potente rivoluzionaria passione creativa insieme al senso di un attaccamento viscerale alla sua terra e alle radici popolari della grande cucina territoriale.
La mattinata proseguirà poi con il convegno al quale interverranno testimoni di rilievo del mondo della cucina e critici gastronomici quali Oscar Farinetti, Davide Rampello, Gianni Revello, Piercarlo Grimaldi, Paola Gula, che si occupa della rubrica “Peccati di Gula” per la rivista IDEA (partner della manifestazione) e Fulvio Marino.
Un cuoco burbero e magnifico che ha fatto grandi le Langhe: così definiscono Cesare Giaccone i suoi tanti estimatori. Figlio d’arte di un oste, Filippo detto Lipinet, che già nel 1938 gestiva con la moglie l’Osteria dei Cacciatori ad Albaretto della Torre, aveva lasciato la scuola alla fine della quarta elementare per lavorare come apprendista muratore. Poi, dopo la scomparsa prematura del padre, aveva viaggiato in lungo e in largo, cucinando e non, dapprima al Sant’Orso di Cogne, al Nuovo Regio e al Caval ‘d Brons di Torino.
Poi era tornato a casa, aveva fondato un’altra osteria, allacciato il grembiule in un locale elegante, al Castello di Cozzo Lomellina, fino a Firenze, per aprire il Barrino di Gino Paoli, e oltre confine in Austria, Svizzera e Germania. Dopo il passaggio nel 2008 a Fontanafredda con Oscar Farinetti, negli spazi suggestivi della Villa Reale, era finalmente tornato ad Albaretto, in un locale poco distante dalla vecchia casa passata al figlio – “Da Filippo” -, dove la continuità della tradizione prosegue. Nel suo locale sono arrivati spesso per un pranzo o una cena personaggi come Giorgio Bocca, Giovanni Arpino, Gino Paoli. Fra i suoi piatti firma restano l’insalata di Langa, con un mix sempre diverso di ingredienti, quinto quarto e verdure di stagione; lo zabaione montato personalmente in sala e soprattutto il capretto arrosto, che non ha mai smesso di girare sullo spiedo sopra un letto di brace da legna. Croccante e caramellato all’esterno, fondente e succulento dentro, rappresentava il benchmark della categoria. Cesare lo accompagnava con un olio aromatizzato, che andava a condire anche i carciofi in guarnizione (ma era in carta tutto l’anno dal 1972, a prescindere dalla stagione), cotti pratica- mente alla romana.
E anche adesso che si è ritirato per i postumi di un ictus, dalla casa che si trova a pochi passi va nella cucina del ristorante chiuso e prepara il suo piatto per sé e per la compagna Margherita, circondato dai paesaggi di Langa che continua a dipingere e ad appendere alle pareti.